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aviano 03 06 999

La strada che si apriva tra i colli non lasciava margini per capire dove saremmo finiti. Erano oramai quasi le due e mezza, lieve ritardo. Per la strada solo la citroen di luca di paese in paese: eravamo congelati nell'attesa di poter incontrare pullman, bandiere e striscioni, colori e slogan.

Eccoci in una piazzetta, Polcenigo o forse Budoia, le prime anime vive. Alla ns richiesta sulla direzione da prendere, l'indigeno ha sollevato lo sguardo al cielo. Evidentemente la sua sosta al bar del paese lo ha precipitato in un dimensione da casellante: "dritto di là, poi a sinistra e arrivi ad Aviano". Le risate della sua compagna non ci lasciano dubbi: forse siamo gli ultimi, ma non gli unici! Solo in quel momento ci siamo rilassati e la premura di arrivare alla svelta s'è fatta sentire.
Oramai c'eravamo, il cartello AVIANO non si è fatto attendere e da lì a poco abbiamo incominciato ad incontrare auto e manifestanti accaldati e determinati.

Wow, passare davanti alla base USAF è stata un'impressione forte. Neri americani che ne uscivano in auto, militari e poliziotti, edifici e auto inconfodibilmente made in usa. Un'altra dimensione. Per la prima volta mi trovavo di fronte alla NATO, agli americani, al potere occidentale. E' strano passare dal piccolo centro storico, dalle piccole casette una appiccicata all'altra, al mondo del double language. Insomma abituato si all'italiano/tedesco, all'italiano/francese, ma trovarmi in una colonia americana proprio no!

Trovata finalmente la zona industriale, lo stupore ha presto lasciato strada all'emozione di esserci, finalmente. Gruppetti di manifestanti erano in marcia, passo lesto per raggiungere il corteo partito da qualche minuto. Parcheggio, cellulari, acqua. Bottiglia da 1 e mezzo nella tasca dei jeans. Eravamo in marcia! Primi sguardi sui ns compagni d'avventura, orecchie tese a cogliere gli accenti. Tipica fauna da manifestazione, ci si mischia ben volentieri!
Di gran lena ci avviciniamo al corteo. Passano però almeno dieci minuti prima che quel mucchio colorato e vociante diventi musica, slogan, bandiere e striscioni. L'impatto è positivo! Siamo in coda al corteo e non se ne vede la fine, tutti molto carichi e rumorosi.

Ok, kodakusaegetta in mano, bottiglia in tasca, occhiali da sole. Siamo pronti. Procediamo a passo spedito, vogliamo attraversare tutto il corteo e goderci la sua anima. I primi che incontriamo sono quelli di Socialismo Rivoluzionario, la gran setta della sinistra antagonista. Megafono ubriaco, qualcuno urla slogan da operetta e fa pensare entrambi ad un vecchio ubriacone con sacchetto di carta in mano. Ah, certe cose non si smentiscono... giovani che parlano come i loro nonni senza la minima idea di quello che sta dietro alla loro facile critica. Come altri a seguire, puntano la loro rabbia sulla missione Arcobaleno, su D'Alema, su polizia e carabinieri. Io e luca ci troviamo d'accordo nel constatare come sia facile, una volta individuato il nemico, perdere la traccia del proprio percorso. Non amiamo la lotta tra buoni e cattivi e non crediamo nel bianco o nel nero. Non ce la sentiamo di urlare contro la missione arcobaleno, questa non è politica, è rabbia urlata al vento! Pensiamo al rispetto che dobbiamo a chi è tutt'ora impegnato a porgere cibo a chi da qui si cerca di difendere urlando contro l'arcobaleno. Troppo facile.

Procediamo, superiamo SR, attraversiamo schegge colorite, striscioni ben fatti, superiamo le donne davvero in nero e seguiamo per un po' un gruppo variegato di manifestanti. Magliette e spille target, bandiere rosse, il Che. Ci mancava.
Zigzaghiamo in orizzontale, passando dalla sinistra che costeggia i campi alla destra dove finalmente possiamo incontrare gli omini col casco blu. Procediamo strusciando le ns spalle sui loro scudi trasparenti e li guardiamo negli occhi cercando di capire cosa si stesse muovendo dentro di loro.

Molti, moltissimi ragazzini. Alcuni con gli occhiali da sole, altri con il fazzoletto sulla faccia. Alcuni con sguardo incarognito, altri persi nel vuoto. E' raro che ti guardino negli occhi. Forse perché poi sarebbe troppo difficile picchiare.
E' un'interminabile schiera di uniformi e camionette. Uno in fila all'altro, proteggono la base. In alcune zone d'ingresso si fanno più fitti e più armati. Si affacciano dai tetti delle camionette, impugnano manganelli e fucili. Uno ha una bottiglietta d'acqua legata al cinturone. Glielo invidio, il bottiglione che mi sono infilato nella tasca anteriore dei jeans mi infastidisce.
Rimango colpito da quelle uniformi. Colpito perché guardando loro negli occhi leggo di vite molto diverse l'una dall'altra. Non posso non pensare alle difficoltà che portano a quella scelta. Non posso non pensare alle mie difficoltà di vita e alla fortuna che ho avuto. No, troppo facile additarli come nemici. Non sono loro i ns nemici. Loro sono vittime quanto noi. Se crediamo in un sistema sbagliato dobbiamo crederlo anche per loro. Non sono robot, sono uomini e come tali, possono sbagliare.

Non posso non pensare a tutto questo quando per un lungo tratto di corteo l'unica vittima delle contestazioni è stata l'uniforme. Ma come! Ciechi! Non sono loro i ns nemici! Non fatevi abbagliare, fa parte del gioco! Alzate lo sguardo, sollevatevi l'un l'altro e guardate al di là della recinzione: una bandiera americana sventola sul tetto della base. E' li che si deve colpire!

D'istinto mi alzo sulle punte dei piedi e cerco di superare con lo sguardo la recinzione. Cerco gli aerei. Niente.
Procediamo. Superiamo con rabbia un gruppettino di fattoni con kili di fumo nelle gambe che si fa forza della massa per provocare stupidamente gli uomini dentro le uniformi. Non è questa la politica. Questa è inciviltà dell'animo. Non mi piace ne' da una parte ne' dall'altra.

Ok, qualche passo avanti. Luca si mette a torso nudo... c'è un gran caldo. Io persisto con la mia magliettina target... come togliersela?
Incrociamo tra i celerini un tipo in borghese, lacoste bianca, auricolare e cellulare, manganello nervoso in mano, sorriso maligno. Un brivido ci attraversa. Questo è un nemico.
Il clima inizia ad innervosirsi, partono le prime pietre in direzione della base. Nulla di che, prese di mira vecchie torrette abbandonate o gruppi di poliziotti in lontananza. I giovani si sfogano, le forze del disordine sopportano. Tutto nella norma.
Continuiamo a zigzagare, non ci basta. Sinistra, destra, sinistra e ancora destra. Due manifestanti, fazzoletti in faccia e tenuta da antagonista totale, si lanciano contro la recinzione e ne strappano il lungo telone verde che la ricopre. Come d'incanto, centinaia di metri di recinzione si scopre, lasciandosi violare da migliaia di sguardi. Ecco la base! Delusione, dietro la recinzione dei muri prefabbricati coprono le piste. "Che avete da nascondere?" urla qualcuno. Scatta un carabiniere. Era immaginabile. Sono li per proteggere la base, che altro? E' giovane, nervoso e inesperto. Viene subito richiamato dai colleghi e fermato da un'attempato signore che lo invita alla calma.

Sì, calma, calma. Un elicottero si avvicina velocemente. Accorre un gruppetto di giovani con scudi circolari imbottiti, fazzoletti, bastoni. La forza del disordine del corteo. Manaccia! Abbiamo visto certe facce! Alcuni manifestanti sembravano gli stessi poliziotti con altre uniformi. Ci siamo chiesti come andrebbe il mondo se al potere ci fossero loro. Rabbrividiamo e affrettiamo il passo: si sente nell'aria della musica. Fiati e percussioni, musica popolare, musica slava. E' quello che fa per noi! Quello è un segno di pace, la musica! In effetti è la parte del corteo più bella. Ballano in pochi, ma tutti sorridono, cantano, urlano e applaudono. Mancano solo gli slavi, maestri del ballo. E' una festa, è voglia di pace e di serenità. Qui tra loro si sta bene.

Eccoli! Gli aerei! Sulla destra, grazie al telone strappato, possiamo intravvedere grigi mostri alati. Mi arrampico su di una staccionata sostenuto da luca. Click! Chissà com'è venuta...
Procediamo.
Il corteo si fa più variegato, aumentano le bandiere rosse; una forte presenza di rifondazione. Mi fa piacere perché loro comunque ci sono sempre. Incrociamo una vecchietta che scatta fotografie. Dall'alto di un palazzo in costruzione (aviano 2000) qualcuno scatta e riprende. Partono medi alzati, sassi e urla. Tutto si fa più regolare. Gli slogan diminuiscono, la musica aumenta.

Arriviamo in piazza. E' la fine. Enormi insegne del solito ennesimo centro commerciale sovrastano sullo sfondo le bandiere rosse. Il colpo d'occhio è straniante.
C'è gente di tutte le età, di tutte le estrazioni sociali. E' davvero una manifestazione di tutto il popolo pacifista. La rabbia è forte, il desiderio di pace anche. Un bimbo tira il suo aquilone, un camioncino trasmette musica ad alto volume. Arrivano anche i musicisti e improvvisano uno spettacolo. Musica e ballo. Il clima è più rilassato, tutti sono contenti di esserci. Il caldo allenta la morsa e fa spazio a nuvoloni. Iniziano i richiami dai microfoni.

Ad Aviano è confluita l'italia della pace, orfana di riferimenti politici, lasciata sola. Sì, ventimila bambini alla ricerca di un punto di riferimento. Questo è il movimento antagonista in Italia. Bambini orfani di politica, di idee, di speranze. Orfana di centri sociali, di partiti, di combattenti. Manca un riferimento, una prospettiva, un sogno.

E' forse quell'enorme buco nero che ci troviamo davanti? E' forse il crollo delle idelogie molto spesso confuse coi sogni? Sì, perché quei ventimila bambini ad Aviano sono forse abbandonati a sé stessi, senza prospettive e senso del proprio futuro, ma hanno dimostrato che non si arrendono, che ci sono e continueranno ad esserci.
E' questo davvero il senso di questo fine millennio post-guerra fredda? Cosa ha lasciato il crollo dell'Unione Sovietica? Il deserto interiore e un mucchio di persone che cerca il mare.

E' arrivato il momento della partenza. Noi ci avviamo a piedi e ci rifacciamo il percorso al contrario. I celerini hanno rotto le fila e guardano incuriositi il passare dei manifestanti sulla via di casa. Molti avrebbero voluto essere assieme a noi, ne siamo certi. Dov'è il muro che sembrava separarci così di netto?
A metà strada si apre il cielo, la pioggia si sovrappone al rumore degli elicotteri. Una pioggia liberatoria, scroscio momentaneo e rinfrescante. Qualcuno alza le braccia al cielo, chiude gli occhi e si lascia andare.

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